C'è questo palazzo.
In via Marzotto a Mortara, una traversa di Strada Lomellina: proprio dietro l' agglomerato fatto di discount, esercizi commerciali prevedibili e condominietti, tutti coevi, solita cementificazione sciatta. Un non luogo, potresti essere ovunque. L'appeal di un'autostrada.
Così la via Marzotto ti sorprende, tranquilla ma vibrante, giardini che sanno già di campagna, non fosse per gli alberi. Tanti, alti, alberi da parco urbano .
Il palazzo è una costruzione del primo ventennio del 900, circondata da tigli dalle grandi chiome. Questi stabili erano destinati ai dirigenti della Marzotto.
Lei, Brigitte Hoffmann, vive al piano rialzato di uno di questi palazzi. E'una Sudentendeutsche, quei tedeschi così particolari sparsi tra la Sassonia, la Slesia, la Boemia e la Moravia, accomunati dalla lingua e dalle montagne.
Brigitte però è diventata italiana per scelta, giurando sulla nostra costituzione.
Non un giuramento tanto per dire. Brigitte crede nei valori della nostra costituzione. Li tutela, li difende,. da qualche tempo è vice presidente dell'Anpi mortarese affiancando il presidente ragazzo, Max Farrell. Un giovane e una donna, un piccolo e poco conosciuto primato di una città che stenti a riconoscere come città.Di recente una delle stanze dell'appartamento di Brigitte è divenuta stanza degli ospiti professionale, è entrata nel circuito dei pellegrini legato alla via Francigena. Chiara, sobria, pareti dalle tinte tenere, non fosse per le foto piene di grazia e di colore del fratello Gunther che non c'è più e questa era la sua stanza.
Nella sala, ora piena di libri c'era anche il pianoforte di Gunther, è stato regalato alla scuola di musica di un paese vicino.
La casa è cambiata ma i ricordi rimangono. Belli e brutti, quelli che non puoi cancellare. Non è stata un'infanzia facile quella di Brigitte e di GuntherIn anni in cui gli italiani andavano in Germania, a cercare lavoro e fortuna, la sua famiglia compie una migrazione in senso opposto. Dalla Mitteleuropa scende nel belpaese, è soprattutto il padre a cercare un'occasione che in patria non avrebbe potuto avere, un uomo dalla figura affascinante ma controversa, molto controversa.
Per i ragazzi Italia inizialmente significa posti diversi, incertezze, Inevitabile sballottamento.
La Brigitte adolescente si ritrova poi a lottare con lo stereotipo della tedeschina facile, nel 1967 esce " Helga", pellicola che, in materia di rivoluzione sessuale, ha fatto epoca. Tedeschi sia il film sia la protagonista.
Erano poi i tempi delle vacanze a Rimini, una Rimini favolosa popolata di bionde straniere dai liberissimi costumi che si contrapponevano a quelli della brava ragazza nostrana, quella che il maschio italico, dopo debita educazione sentimentale, avrebbe sposato con tutti i crismi.
La tedesca facile, quella che salta di letto in letto, è uno di quei cliché striscianti che qualcuno ancora si porta dietro, persino certi pellegrini che sembrano usciti dalle canzoni goliardiche sul tema.
Brigitte non è certo una che si spaventi ma ne soffre. Lo si capisce.
Sui davanzali delle su finestre ci sono vasi di menta. Servono a tener lontane le zanzare e a preparare la bevanda della casa, acqua con un rametto di menta. Delizioso, dissetante e rimineralizzante.
Acqua e menta da bere ma anche vini, lei li conosce e li sceglie con gusto squisito. Insieme al goulash ungherese ci serve un rosso del Monferrato delizioso.. Tra i suoi prossimi progetti c'è l'offrire ai pellegrini dei pasti, sta dandosi da fare per tutte le certificazioni necessarie, in questo è precisa. Teutonica direbbe qualcuno.
Per quel che riguarda il cucinare non ha o non avrebbe, legislazioni permettendo, bisogno di certficazioni o corsi, lo fa benissimo.
Mentre pasteggiamo e brindiamo la nostra lomellina d'adozione ci rivela di essere stata persino organizzatrice di spettacoli teatrali. Per un gruppo storico dell'avanguardia italiana, il Teatro Kismet di Bari,
Kismet significa fato, destino.
Una strana commozione mi pervade mentre racconta , capisco che in realtà le nostre vite si sono già incrociate, o quasi, un secolo fa eravamo entrambe, senza che sapessimo l'una dell'altra, a Santarcangelo di Romagna, forse il più vecchio tra i festival di teatro alternativo.
Era la mia prima volta, non avevo mai vissuto un'esperienza simile. Dormivo in una scuola con il sacco a pelo, e assistevo a tre o quattro spettacoli al giorno. quello che non ho mai dimenticato per il suo incanto, così notturno, è la piece "La Principessa Brambilla" del Teatro Kismet, tratta da uno dei celebri racconti di Ernst T. A. Hoffmann, straordinario autore romantico, genere fantastico. Stesso cognome della protagonista di questa storia ma non sono parenti.
Una chiusa di serata quasi magica.
Quando usciamo Mortara è avvolta da un alone di mistero e di bellezza che non avevo mai colto.
A volte sono gli occhi dello straniero, in questo caso non più straniero, a regalarci nuovi punti di vista. Nuova meraviglia. Là dove credevamo non ce ne potesse essere.
Ernst Theodor Amadeus Hoffmann
Nel 1989 inaugura la sua casa teatrale scegliendo, volutamente un ex capannone industriale, luogo preposto a valorizzare un’idea di teatro come officina artistica, fucina di idee, luogo d’incontro, centro di cultura e di dialogo permanenti.
Negli anni l’Opificio per le Arti Kismet OperA configura sempre più la sua attività attraverso differenti percorsi produttivi e si fa polo di attrazione di artisti italiani e stranieri, diventando modello di mediazione tra il teatro e le altre forme di creazione quali la scrittura, la pittura, il video, la fotografia, la musica.
Un teatro sempre aperto, che alla produzione di spettacoli e all’ospitalità di altre compagnie teatrali, unisce proposte di formazione, incontri e laboratori per le scuole, percorsi di ricerca drammaturgica, rassegne musicali, attività volte al dialogo e al confronto sui temi fondanti della cultura e, in sostanza, della socialità stessa.
Un teatro sì fatto ha dunque necessariamente bisogno, al suo interno, di uno spazio “altro”, un luogo neutro capace di accogliere l’eterogeneità dell’ospite, un luogo in cui poter collocare liberamente l’emozione dell’arte. Ed è una grande sala con bar, un foyer arioso e brillante, giallo come il sole, lo spazio preposto a far sì che tutto ciò possa accadere, che ci sia un “prima” e un “dopo” lo spettacolo, una continua contaminazione di forme artistiche e di linguaggi, un’occasione per trascorrere l’intera serata in compagnia delle maestranze e degli attori padroni di casa
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