Che jella!
Andarsene alle porte del Natale. Ti piaceva tanto Mauro! Non l'avresti mai confessato ma io so che ti piaceva. Era la tua parte bambina.
Ti piacevano anche gli animali. Raccontavi sempre di quanto, nel tuo viaggio di formazione in vespa, alla fine delle superiori, salvasti una cucciolata di gattini buttati sul ciglio della strada. Te li infilasti nella giacca pesante, per ripararli dal vento. Ne sopravvisse uno che conobbi tempo dopo.
Per non parlare di quanti cani e gatti abbiamo recuperato negli anni del nostro sodalizio artistico. Che termine pomposo sodalizio, però rende.
Oggi è un anno esatto. Non so se davvero abbia realizzato fino in fondo il fatto che non ti rivedrò più. Mai più!
E' così retorico il mai più. Fa melò. E qui non posso non pensare a Melodrama. La nostra bizzarra creatura dai due volti, quello musicale e quello teatrale. Figlia di sintonie sottili, incomprensibili ai più. Non era solo l'essere musicisti che ci accomunava.
Erano anche l'abilità nel dipingere, nel progettare le cose, le vedevamo, intendo prima ancora che esistessero. Avevi fatto il liceo artistico, io no ma in certe faccende me la sono sempre cavata .
E c'erano il senso del gioco e del magico, lo percepivamo un po' ovunque.
Tu poi eri nato in una città splendida, Genova, in primavera sotto il segno dell'Ariete, in un palazzo labirintico, un ex convento che affacciava sulla via del Sale. Su su dal mare sino all'oriente. E oltre. Sino alla luna!
Poteva essere il tuo motto.
Ricordo un pomeriggio di questo periodo, la città fredda e le nuvole che correvano, con quell'incanto che solo le città di mare...
Bevemmo una cioccolata con la panna, allora la panna a Genova la tenevano in certe alzate di metallo, esposte in verina, da far inorridire rispetto alla normativa attuale. Era buonissima!
Andammo poi in una sala che oggi non c'è più, nei quartieri eleganti e borghesi, quelli della zona alta, lontani dal porto, dalle sue puzze, dai suoi rumori. Andammo allo spettacolo pomeridiano, costava meno, tu sulle questioni economiche ottemperavi un pochino lo stereotipo sui genovesi. Non avertene a male se lo scrivo.
Davano "Fanny e Alexander" di Ingmar Bergman.
Il nostro film.
Anzi Fanny e Alexander eravamo noi due.
Due bambini dagli occhi diversi.
E quante scoperte abbiamo fatto insieme, qualcuna magnifica e altre terribili. Le ore di studio, i momenti di scoraggiamento, la rabbia, le speranze non realizzate, la cupidigia e lo sfruttamento di chi gestisce i prodotti del nostro ingegno, come viene definito il nostro fare, da qualche parte della costituzione, il disprezzo dei babbani che non capiscono il nostro lavoro a meno che tu non sia ricco e famoso.
Per un qualche periodo ricco e famoso lo sei stato, ci siamo incontrati quando eri appena entrato nei Matia Bazar, gruppo molto ufficiale della musica leggera anni 80, loro erano così adulti però e tu mi sembravi incredibilmente giovane, sprovveduto, non era solo una questione anagrafica.
Il nostro lungo viaggio invece, quello che ci ha portato a Cuba, in Grecia e in Germania e.in altri posti ancora, non era fatto per attirare denari e glorie facili.
Per ora ho chiuso. Addio Maestro. Per me però non eri un maestro ma un fratello. Mio fratello. Arrivederci!
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