lunedì 2 settembre 2024

Ultima estate nel paesello Ghetto


 

L'ultima estate nel ghetto.

Ce lo siamo ripromessi. Non ce ne sarà un'altra, Dieci anni e passa d'incubo. Il Paesello, diciamocelo, è invivibile e non è un vero Paese. Somiglia più a  un ghetto.

Nei ghetti l'atmosfera è soffocante, in estate si muore, non c'è verde, nei ghetti il prepotente la fa da padrone e il mite soccombe, regnano paura, claustrofobia, botte, frastuono, droga, sesso triste, un po' come nella Terra Desolata di Elliot,

L'amore è finito, il velo, non so se quello di Maja,  è caduto. ogni incanto perduto. 

Vedo il Paesello per quello che è, a modo suo molto moderno anzi post moderno, una manciata di case o fatiscenti o ristrutturate con pretese di eleganza e di lusso: non  fosse per l'arroganza che esprimono potrebbero far tenerezza.

Malassortite le case, malassortita la gente, se c'era una comunità oggi non c'è più, resistono giusto un paio di agricoltori, immagino incalzati dai cinesi, risaioli di classe i cinesi, pensandoci bene il numero degli agricoltori si è ulteriormente ridotto perché uno dei due è fallito e se ne è andato chissà dove. C'è poi una famiglia, con qualche origine locale,  che fa da asso pigliatutto, un cognome molte case, e poi ci sono gli altri, i foresti, illusi o poveracci o entrambe le cose. Tra questi noi. 

Coppia nell'arte e nella vita. Siamo le Stellerranti. O eravamo? Musicisti, preparazione classica, concerti originali tra teatro e musica, sacro e profano, colto e popolare. Un tempo.

Oggi siamo due disperati tra i disperati. Siamo diventati perfetti abitanti del ghetto. Categoria miti che subiscono.

Qui abbiamo vissuto l'allucinante spettacolino dell'uomo massa, individualista e feroce, in questo sta la modernità del Paesello: servizi inesistenti, inquinamento e disalberazione, socialità e cultura ridotti a meno di zero compensati da devastazione, chiasso, incuria, siamo spravvissuti tra rifiuti, macerie, abusi edilizi,  insulti, minacce di morte, provocazioni continue.

Con quali colpe? 

Forse di rincorrere l' utopia ingenua di una grazia modesta ma dignitosa, non lussi o straccioneria, il tentativo di Essere e di Esserci. Il tentativo di cura di quel che ci sta intorno. Imperdonabili  

No, non possiamo rispondere per le rime: a volte il nostro lavoro d’artisti ci porta ad avere a che fare con situazioni che richiedono una fedina penale immacolata e dobbiamo essere cauti. Poi c'è l'etica. Quasi un' eresia. 

Lavoro d'artista che ci è stato di fatto interdetto, a noi è vietata anche una sola nota, secondo fini estimatori la nostra è una musica di merda e teniamo concerti solo per gli amci, quali professionisti! Screditare, isolare, tralascio l'ultimo verbo, non amo sembrare melodrammatca. 

Ti tengono solo in considerazione per le cerimonie più ufficiali nella chiesa del Paesellone, l'unica a ringraziae è la suora che è un'anima gentile, le maestranze ringraziano persino il fiorista ma mai l'organista. 

Forse sono state etica  e gentilezza a guadagnarci le botte: mio marito Pier è stato aggredito per ben due volte. 

La prima volta il Vicino Violento, nome non tanto di fantasia, irritato dal fatto che gli avessimo chiesto di moderare il volume di radio e televisione, dopo notti insonni e giorni infernali, ha cercato di spezzare le dita di Pier, non sapendo quanto elastiche siano le dita di un pianista, mesi comunque di poco lavoro e nessuna solidarietà del Paesello, intanto di musica non si vive e poi noi siamo due che non si fanno gli affari propri, due che parlano di diritti, due della Colonia, così chiamano il Paesello quelli del Paesellone, due cenciosi che abitano nelle catapecchie, cioè le casette di corte, e hanno l'ardire di parlare di rispetto, igiene, decoro e silenzio Due che non chiedono favori. Non sense. 

Da dieci anni siiamo in ballo, volenti o nolenti, con sedute e tribunali.

Il Vicino Violento in Tribunale non si è mai presentato, inizialmente ha nominato come suo difensore d'ufficio un avvocato, quasi suo compaesano, radiato dall'Ordine per reati di ndrangheta, all'epoca della prima udienza l'ex avvocato non era nemmeno libero perché stava in carcere.

Per le altre convocazioni il Violento ha lasciato carta bianca agli avvocati d'ufficio. Sette anni per la prima causa. Siamo alla condanna numero tre in sfavore del nostro eroe, condanna che si aggiunge a precedenti giovanili e meno giovanili, un curriculum di un certo spessore. ma il brav'om se ne impippa  e le cose vanno come sempre. Forse si smuoverà qualcosa quando  tutti quanti, buoni e cattivi che si sia stati, saremo morti e sepolti. Come dice un'amica leguleia: i tribunali non mettono mai in esecuzione.

Nel frattempo ci siamo rifugiati sull'Appennino, c'è stato il Covid, siamo dovuti tornare perché abbiamo finito i soldi, il nostro ha aggredito Pier una seconda volta, fratture alle costole. .

Forse questa storia è un storia piccola con delle sfumature  che la fanno sembrare la classica bega tra vicini, credo però racconti qualcosa sul degrado, mia opinione. Inutile dire che per i Vicini Malvagi siamo noi ad essere i Vicini Malvagi, 

Nel Paesello intanto cresce la vocazione al malaffare, lo spaccio, il business degli alloggi comprati a due lire, affittati o venduti ad altri senza un quattrino, il sabato sera poi al delirio normale si aggiunge il delirio del sabato sera,  colpisce soprattutto felini e tassi, la moria è impressionante. Del resto è impressionante anche il numero dei cancri del  Paesello, nella sola nostra corte siamo fuori da ogni statistica. Non importa niente a nessuno. Insomma il ghetto.

Il Paesello è comunque un ghetto blasonato, abbiamo avuto cinquanta cani stipati nell'alloggio di fianco al nostro, lo stipatore è ancora on the mark se interessa. Dimenticavo: i cani sono in regolare affido da parte dell'Azienda Sanitaria che compensa, non tanto lautamente ma compensa, Mister Stipatore, un altro pieno di alloggi dove sposta le bestiole come nel gioco dei dadi del metrò. Dove sono i cani? Sono qui! No sono in un altro posto...Una taramasca. ( parola lomellina circo, sarabanda, corteo stregato)

Titoli e clsse sociale più elevata degli abitanti non contano, noi ad esempio siamo stati oggetto anche delle rappresaglie velenose del Sciur Dutur, altro Vicino, categoria illuso, sottocategoria illuso incattivito che si fa prepotente e rbaldo. 

Uno che, forte della sua posizione, ha persino impunemente ospitato, non certo  per umana pietas, due disgraziati in un box che non aveva né acqua né servizi, tutti sapevano, tutti si facevano gli affari loro.

Si è profuso il  Sciur Dutur, coinvolgendo compagne, amici e parenti, in maldestri concertini di chitarra elettrica, animazione con tuono car, feste di dodici ore e passa  con tanto di impianto professionale e centiania di persone, eravamo ancora nell'era delle restrizioni dovute alla pandemia. 

Il Sciur Dutur non è però un vero villain è piuttosto il solito cittadino buggerato, ha comprato ad un prezzo assurdo per la zona, vagheggiando piscine e prati all’inglese, e si è ritrovato  un brutto fabbricato fintamente e malamente riammodernato, un terreno indomabile e un cancello che non può mettere. La splendida magione, al pari delle catapecchie, è gravata dalle servitù attive, iattura o fortuna del mondo rurale, noi per accedere al nostro giardino dobbiamo forzatamente passare dal suo fondo  e da qui il livore, ereditato di proprietario in proprietario Una faida. 

Siamo tutti dei buggerati in questo posto perché, per il prezzo che hai pagato e paghi, in tutti i sensi, quello che ricevi è niente.

Un ex abitante che è riuscito a vendere, dovrei scrivere a svendere,  mi ha confidato "comprare casa al paesello è stato l'errore più grande della mia vita".

Se la rideva un pomeriggio uno dell'amministrazione, uno che viene dal primo comune lombardo sciolto per mafia, uno che non paga nemmeno la pigione, a lui le cose le regalano, se la rideva e diceva"non sono mica scemo a comprare casa qui". 

Ce l'avesse detto prima!

Quest’ultima estate, non è la prima, siamo stati praticamente buttati fuori di casa, scacciati dal continuo marasma sonoro del Vicino Violento, dalle sue intimidazioni, barricati e prigionieri negli indispensabili momenti di permanenza. 

Difficile comunque trovare un vero rifugio nel Paesello, le case sono un tripudio di permessi e condoni impossibili, costruzioni magari in eternit e forati senza allacciatura alla fogna, nessun rispetto per le distanze, semplicemnte non dovrebbero esistere o si dovrebbe revocarne l'abitabilità ma siamo appunto al Paesello. 

Siamo scesi sotto la soglia del niente. Adesso abbiamo meno di niente. Nemmeno la casa e un minimo di libertà personale. Forse sono gli altri ad averne troppa e non ne rimane per noi. Altro che habeas corpus.

Il Paesello che non è un paese è abbandonato, ringhioso, l'ultima tromba d'aria ha divelto la croce del campanile che ora penzola  misera e storta. Amen.

Il Paesello in estate ha la febbre, è nudo e riarso, da che stiamo qui sono stati abbattuti più di dieci grandi alberi. L'albero e i rami sono il Male. questo è forse l'unico retaggio del mondo contadino cattolico, quello  che vedeva la natura come perversa, bene incarnata dalla sirena bicaudata della bellissima basilica in arenaria di San Michele a Pavia, un simbolo del demonio. E pure femmina. 

Retaggio che si sposa benissimo con  cementificazione e devastazione ambientale. 

Il Paesello è sporco: diserbo, corti, terreni  e campi pieni di pattume. D'ogni genere. La Lomellina tutta pare avere questa funzione di pattumiera

Di una cosa però  sono sicura:  un giorno noi con tutti i gatti della colonia, croce  e delizia, altra battaglia, ce ne andremo dal ghetto. Alla maniera dei personaggi di Chagall, Ci faremo crescere le ali e voleremo via. 

martedì 2 aprile 2024

Storia di Sandra, una Miss Marple in Lomellina

Sarebbe perfetta.

Occhi azzurri, pelle chiara, un accenno tenue di rosa sulle guance.

Lineamenti delicati. Inglese britannico, cesellato, ma senza fronzoli, da vecchia scuola. Sguardo penetrante, osservatrice acuta, non sempre benevola, non del tutto,  ma in ogni caso comprensiva.

Una perfetta Miss Marple, 


Se fosse un'attrice. 

Ma Sandra al secolo Alessandrina Raitieri, non è un'attrice e non è nemmeno inglese, è una teacher in Lomellina. Una teacher di inglese.

Nasce a Candia, dove ancora vive, a quelli della zona succede di incontrarla mentre passeggia con i suoi bastoncini da north walking, svelta ed eretta nonostante le ottantanove primavere. 

Non è un'attrice ma ha un suo palcoscenico, la biblioteca Piero Maggi dove tiene i suoi incredibili corsi di conversation.

Fa star bene, in certi tardi pomeriggi d'inverno, vederci tutti seduti lì, lei come capotavola e noi intorno, laici discepoli un po' sui generis. 

Laico è un aggettivo che descrive bene il pensiero e i molti punti di vista sulle cose di Sandra. Una libera pensatrice si sarebbe definita un tempo. Una che non ha troppi pregiudizi o paraocchi. 

Più inglese degli inglesi tiene banco, con grazia e misura incomparabili, tra studenti che più eterogenei di come sono non  potrebbero essere, per età, preparazione, aspettative, lei però  ci sa fare e , a tratti ti trascina lontano. E' un incanto tutto speciale. 

Qualcosa di simile alle ormai passate veglie contadine, con la vecchia saggia al centro che  condivide il suo sapere con la comunità.

Una Grande Madre. In fondo anche Miss Marple e anche Sandra sono delle "que sabe", le donne che Clarissa Pinkola Estez definisce  "Donne che corrono con i lupi ". La Que Sabe è “colei che sa”, l’Anziana, la Saggia. Donna, a volte “madre”, a volte “nonna”, altre volte “matrigna”, spesso “strega”. Altre volte tutte queste figure insieme.

Una insomma che tiene acceso il fuoco per la tribù, perché nessuno perda la strada e perché  il buio non vinca la sua eterna battaglia con la luce.

Sandra non ha solo questa vis ancestrale, è anche moderna anzi modernissima. In un certo senso lei è una story teller, si appassiona e ti appassiona a vicende come quelle legate alle feste ebraiche, ai vari popoli della Great Britain and Ireland, agli effetti nocivi della cocaina sulla vita affettiva e sessuale. allo stupro di Artemisia Gentileschi, che sempre le suscita una profonda  indignazione, al discorso di Kennedy, che invece la commuove,  il celebre I have a dream...Ich bin ein berliner, tenuto a Berlino ovest nel 1957, l'anno in cui venne eretto il famigerato muro, 

Nell'incipit parlo di attrici e di palcoscenici, non sorprende quindi che uno dei maestri di Sandra  sia  un attore, John Peter Sloan, cabarettista di Zelig, il  locale milanese che, negli anni scorsi, ha sfornato ialcuni tra i  migliori  comici teatrali e televisivi

Oggi John Peter Sloan non c'è più, rimangono i suoi libri didattici, gli amici, i compagni di lavoro e quelli che da lui hanno imparato così tanto sulla lingua inglese. 


Tornando alla nostra protagonista, chi giudica il mondo in maniera stereotipata, si chiederà magari da dove venga tutta questa originalità, questo spirito indipendente, ad una donna nata in un piccolo paese un po' ai confini di tutto, di regione, dialetti, cultura, costumi, quei folkways cari all'antropologia, che sono un incrocio tra Lombardia e Piemonte...

Di sé stessa dice che è stata una bambina felice.

I suoi avevano un albergo- ristorante il San Michele, allora Candia lomellina era molto più grande e popolata, c'erano negozi, un buon servizio ferroviario, oggi ripristinato ma, nonostante la tecnologia più avanzata, molto meno efficiente.

Arriva la guerra e quell'universo circoscritto e felice va in frantumi, il padre, nonostante non sia più giovanissimo, viene chiamato alle armi, la madre riprende il mestiere di sarta che in gioventù aveva intrapreso con successo, dopo aver studiato all'Atelier Meravilleus di Torino, e lasciato con dispiacere una volta sposata per dedicarsi, com'era tipico dell'epoca, alla famiglia. 

Ad un certo punto il padre sarà ricoverato in ospedale a Vigevano, dove trascorre un periodo lunghissimo tra la vita e la morte, la bambina, ora più grande e meno felice, lo rivede dopo mesi, smagrito, irriconoscibile.

L'albergo intanto viene sequestrato dai tedeschi. Sandra e la madre provano quasi pena per i ragazzi austriaci, soldati semplici, sempre gentili,  e forse anche loro costretti a quella guerra dopo che Hitler, nel 39, aveva invaso Austria e Polonia, annettendole con la forza. 

E' un tempo cupo quello, il gerarca di turno, il Bardelli, piomba di continuo in casa loro cercando il padre che, finalmente guarito, per salvarsi ha dovuto comunque andarsene, nascondersi e ancora una volta lasciare la famiglia, 

Sandra ricorda soprattutto il battere degli stivali. Quando quell'uomo tremendo perlustrava la casa, frugando ovunque, a lei tremava  il cuore. 

Rammenta anche  l'arrivo dei mongoli, così in paese chiamavano, confondendoli con i turcomanni alleati di Hitler,  i marocchini, alleati, che distribuivano cioccolata dalle camionette. 

Alla fine del conflitto la madre continuerà con la sua sartoria ormai avviatissima, il padre gestirà una mensa, Sandra è ormai cresciuta e la mamma decide di regalarle un lungo soggiorno all'estero, come ragazza au pair presso una famiglia inglese che l'accoglie con gran calore e un terribile piatto di spaghetti infilati crudi nel forno. In omaggio alla sua italianità. Si sa noi siamo pizza, mandolino e... spaghetti.

Tra gli episodi indimenticabili di quella permanenza c'è l'incoronazione della venticinque Elisabetta, di solo qualche anno più grande di Sandra, nell'Abbazia di Westminster, nel 1953. 


La BBC filmò l’intera incoronazione, fu il primo video ad essere trasmesso in eurovisione, e per molte persone fu il primo evento in assoluto visto attraverso il piccolo schermo. 27 milioni di persone nel Regno Unito, su 36 milioni di abitanti, seguirono la cerimonia, mentre 11 milioni erano sintonizzati sulla radio. Tra i tanti giornalisti stranieri c’era anche Jacqueline Bouvier che, prima di diventare la First Lady degli Stati Uniti d'America, meglio conosciuta come Jackie Kennedy, era un'inviata per il Washington Times-Herald.

Com'è come non è Sandra sembra possedere questa proprietà, mescolare la storie personali con la storia di tutti, la storia grande, le stories con la History: guerre, incoronazioni, famiglia, malattie, anche gravi, superate con la forza che le è propria.

Naturalmente dell'inglesità ha assorbito un certo riserbo, così alla mia richiesta di farle una sorta di intervista mi ha dato giusto un assaggio, una sua testimonianza  sulla guerra, scritta per un'altra occasione, mi ha detto però di aver sempre tenuto un diario. Chissà!

Come dicono gli inglesi Will see. 


John Peter Sloan (Birmingham, 27 febbraio 1969 – Menfi, 25 maggio 2020) è stato un insegnante, comico, cabarettista, attore teatrale, commediografo e regista teatrale inglese.

 

Clarissa Pinkola Estès (Indiana, 27 gennaio 1945) è una scrittrice, poetessa e psicoanalista statunitense, specialista in disturbi post-traumatici.

Nata da una famiglia ispano-messicana, all'età di 4 anni è stata adottata da una famiglia ungherese. È cresciuta nei pressi della frontiera del Michiana, a nord del Midwest. Verso la fine degli anni sessanta è emigrata a occidente, in prossimità delle Montagne Rocciose, dove è vissuta a contatto con persone provenienti dalle più svariate parti del mondo. Si è laureata in psicologia etno-clinica e si è poi specializzata in psicologia analitica.

È stata direttrice del C.G. Jung Center di Denver.

Nei quattro anni successivi al massacro alla Columbine High School si è occupata del sostegno psicologico alla comunità. Dopo l'11 settembre 2001 ha lavorato con i sopravvissuti e con i familiari delle vittime della costa occidentale e orientale degli Stati Uniti.

Ha ricevuto il Las Primeras Award, “The First of Her Kind” dalla Mexican American Women's Foundation, Washington D.C, e il Primo Premio Joseph Campbell “Keeper of the Lore”. Ha inoltre curato l'introduzione all'edizione per il centenario della nascita di Joseph Campbell de L'eroe dai mille volti

Da sempre impegnata nel sociale, ha fondato la "Guadalupe Foundation", un'organizzazione che si occupa di trasmettere via radio delle brevi storie che hanno lo scopo di istruire le popolazioni africane su questioni di salute e igiene.[4] Nel 2006 è stata ammessa alla Colorado Women's Hall of Fame, un'organizzazione che dà riconoscimenti alle donne che hanno contribuito alla storia dello Stato del Colorado.

Il suo primo libro, Donne che corrono coi lupi, è stato accolto con estremo favore da critica e pubblico ed è rimasto nella classifica dei best seller del New York Times per tre anni.



venerdì 5 gennaio 2024

La Libertà e il Paesello


La libertà. Di essere, di esplorare, di migliorarsi, di conoscere, di rimanere in vita, di godere, il più possibile, di buona salute, di amare, di esprimere la propria opinione, la propria personalità, la propria sessualità

La libertà è preziosa. E' una conquista sociale e personale. E' un percorso di individuazione, non di individualismo, fondamentale. 

La libertà è talvolta inebriante soprattutto se, per un qualche motivo, ne siamo stati privati, una dittatura, il carcere, situazioni legate a malattie, vessazioni,  povertà estrema.

La libertà è importante per noi e per il prossimo, una libertà che non riguarda tutti non è vera libertà, è privilegio.

In primis certo riguarda noi stessi che  siamo il prossimo più prossimo che ci sia,  in secundis riguarda il prossimo meno prossimo, i cosiddetti altri. Non rispettando la libertà degli altri, abusando della nostra, finiamo con il limitarle entrambe, più grave resta però la limitazione di quella altrui. Ce lo hanno insegnato a scuola. E' un concetto fondamentale, filosofia comprensibile a chiunque. 

Senza scomodare filosofi e sociologi e compagnia bella,  l'uomo di solito vive in una sorta di patto con i propri simili e questo patto ridimensiona un pochino la nostra volontà che diventa, giusto un pizzico, meno sovrana e assoluta-

Nella città vediamo di tutto e di più. va da zona a zona, da quartiere a quartiere, gli stili di vita e di pensiero si mescolano e rimescolano di continuo. Accanto ad istanze etiche e virtuose troviamo senz'altro atteggiamenti prevaricanti, solitudini, indifferenza da parte di chi dovrebbe proteggerci, violenza. 

Nella campagna , poco soggetta a controlli, un po' abbandonata per dirla tutta, e persino nei luoghi turistici, quelli che di bellezza vivono, tutto è confuso. .

Nelle località meta di gite e villeggiature il profitto privato , intrattenimento, ristorazione ecc... fa da padrone, rendendo questi posti alieni, invivibili. Brutti. Per chi ci vive che si estranea dal proprio territorio, buono solo per essere sfruttato e non più amato, e per chi ci viene a divertirsi che, senza averne consapevolezza, perde l'occasione di un'esperienza vera e si limita a consumare, ed essere consumato. Divoratori e divorati.

Nei Paeselli come il mio la libertà spesso significa degrado totale. del paesaggio, delle architetture, dei rapporti umani.

Il bis pensiero dell'abitante medio del Paesello, che sia autoctono o cittadino che vuole vivere in campagna, è più o meno questo:

Ascolto radio, stereo e televisione a volume alto per tutta la notte e anche per tutto il giorno, la mia emissione sonora è continua e perfettamente udibile a tutti quanti, . A me piace la musica e chi non apprezza vada altrove

Non ho voglia di affannarmi a smaltire come si deve oggetti ingombranti e  rifiuti in genere, accumulo quindi tutto quanto in bella vista fuori dalla mia porta e in ogni spazio disponibile, nei campi, nei pochi boschi superstiti, in riva ai fiumi, se a qualcuno non va bene che non rompa.

Voglio edificare una casotta con materiale di recupero, lamiere, ondulati, ferraglie, magari con fondamenta in muratura così sta in piedi meglio, ci aggiungo un paio di finestre che guardano dritto nella camera da letto del dirimpettaio, se gli dà fastidio che usi le tende e vada a quel paese, altrimenti gli tolgo la voglia di discutere con una battuta ben assestata o chiedendo un favore a chi so io. 

Voglio mettere un cancello perché così divento "casa indipendente" e valgo di più sul mercato, e se impedisco al vicino, che avrebbe diritto di passaggio, di andare nel suo giardino tanto meglio così non mi passa davanti a casa, se non è d'accordo gli faccio vedere i sorci verdi. 

In generale non gradisco remore nell'esercizio delle mie voglie. Di natura sessuale magari, sono maschio quindi predatore come si conviene ad un maschio, amo mostrare la mia potenza  e i miei costumi disinibiti e superiori, da persona aperta. Se sono donna amo apparire moderna, priva di sciocchi tabù, perennemente seduttiva, in città si deve stare attenti, c'è una facciata da mantenere ma qui...se i bigotti hanno da ridire è perché sono invidiosi. 

Ho anche bisogni aggregativi che soddisfo  con feste faraoniche, amplificazione da stadio e pazze nottate e magari trovo anche il modo di risparmiare un po' sulla corrente, non c'è mai nessuno che controlli. Al diavolo i ficcanaso! 

Non sono negoziabili le mie opportunità di guadagno e di svago. ad esempio spacciando e assumendo sostanze che mi tirino un po'su di giri, stipando cani e gatti da vendere o in affido ASL senza rispetto di niente e nessuno, tantomeno degli animali, tenere orti che sembrano discariche,  in una parola io voglio, voglio, fortissimamente voglio godermi la vita nel relax della campagna, ne ho diritto,  se sei moralista chiuditi in casa e fatti gli affaracci tuoi. 

E vai di provocazioni e angherie per affermare queste dubbie libertà. .Norme e regolamenti  appartengono ad altri universi. Non qui. Non ora.

E la tua libertà presto viene seppellita , letteralmente, dall'immondizia, dal chiasso continuo, dallo sconcio edilizio, dalla devastazione sistematica di quel che potrebbe essere meraviglioso e non lo è più. Patrimonio dell'Umanità, Sito di Interesse Comunitario, Riserve.... Definizioni remote, altisonanti, vuote. . 

Che spreco e che perdita! Un vero peccato. L'accezione cristiana di peccato non centra molto. O sì?

Certo l'idea di peccato come quella della libertà come la intendo io  fanno ormai  parte, in buona compagnia della democrazia e dello stato di diritto, delle grandi narrazioni passate. Irrimediabilmente passate! Il mondo sta riscrivendo le regole e la surrealtà trionfa, la definizione surrealtà  non è mia. 








venerdì 22 dicembre 2023

Per Mauro. Un anno dopo.


Che jella!

Andarsene alle porte del Natale. Ti piaceva tanto Mauro! Non l'avresti mai confessato ma io so che ti piaceva. Era la tua parte bambina.

Ti piacevano anche gli animali. Raccontavi sempre di quanto, nel tuo viaggio di formazione in vespa, alla fine delle superiori, salvasti una cucciolata di gattini buttati sul ciglio della strada. Te li infilasti nella giacca pesante, per ripararli dal vento. Ne sopravvisse uno che conobbi tempo dopo.

Per non parlare di quanti cani e gatti abbiamo recuperato negli anni del nostro sodalizio artistico. Che termine pomposo sodalizio, però rende.

Oggi è un anno esatto. Non so se davvero abbia realizzato fino in fondo il fatto che non ti rivedrò più. Mai più!

E' così retorico il mai più. Fa melò. E qui non posso non pensare a Melodrama. La nostra bizzarra creatura dai due volti, quello musicale e quello teatrale. Figlia di sintonie sottili, incomprensibili ai più. Non era solo l'essere musicisti che ci accomunava.

Erano anche l'abilità nel dipingere, nel progettare le cose, le vedevamo, intendo prima ancora che esistessero. Avevi fatto il liceo artistico, io no ma in certe faccende me la sono sempre cavata .

E c'erano il senso del gioco e del magico, lo percepivamo un po' ovunque.

Tu poi eri nato in una città splendida, Genova, in primavera sotto il segno dell'Ariete, in un palazzo labirintico, un ex convento che affacciava sulla via del Sale. Su su dal mare sino all'oriente. E oltre. Sino alla luna!

Poteva essere il tuo motto.

Ricordo un pomeriggio di questo periodo, la città fredda e le nuvole che correvano, con quell'incanto che solo le città di mare...

Bevemmo una cioccolata con la panna, allora la panna a Genova la tenevano in certe alzate di metallo, esposte in verina, da far inorridire rispetto alla normativa attuale. Era buonissima!

Andammo poi in una sala che oggi non c'è più, nei quartieri eleganti e borghesi, quelli della zona alta, lontani dal porto, dalle sue puzze, dai suoi rumori. Andammo allo spettacolo pomeridiano, costava meno, tu sulle questioni economiche ottemperavi un pochino lo stereotipo sui genovesi. Non avertene a male se lo scrivo.

Davano "Fanny e Alexander" di Ingmar Bergman.

Il nostro film.

Anzi Fanny e Alexander eravamo noi due.

Due bambini dagli occhi diversi.




E quante scoperte abbiamo fatto insieme, qualcuna magnifica e altre terribili. Le ore di studio, i momenti di scoraggiamento, la rabbia, le speranze non realizzate, la cupidigia e lo sfruttamento di chi gestisce i prodotti del nostro ingegno, come viene definito il nostro fare, da qualche parte della costituzione, il disprezzo dei babbani che non capiscono il nostro lavoro a meno che tu non sia ricco e famoso. 

Per un qualche periodo ricco e famoso lo sei stato, ci siamo incontrati quando eri  appena entrato nei Matia Bazar, gruppo molto ufficiale della musica leggera anni 80, loro erano così adulti però e tu mi sembravi incredibilmente giovane, sprovveduto, non era solo una questione anagrafica. 

Il nostro lungo viaggio invece, quello che ci ha portato a Cuba, in Grecia e in Germania e.in altri posti ancora, non era fatto per attirare denari e glorie facili. 

Per ora ho chiuso. Addio Maestro. Per me però non eri un maestro ma un fratello. Mio fratello. Arrivederci!


mercoledì 20 dicembre 2023

Non si uccidono gli abeti a Natale


Non esattamente a Natale ma quasi in Avvento.

La vittima? Un esemplare di Picea Pungens Glauco, pur non essendo autoctono si era adattato benissimo al disgraziato clima lomellino. Mezzo secolo abbondante di resistenza a parassiti, calure e dabbenaggine umana. A modo suo un eroe.

Le ragioni del fattaccio?

Non pervenute. 

Non mi pare che l'abete fosse troppo vicino alle abitazioni, né che portasse umidità o minacciasse la stabilità della casa stessa e di quelle intorno.

 Insomma una vittima innocente. Di solito le vittime lo sono.

Il Picea eccetera eccetera. è una conifera, piante tra le più antiche del pianeta, di dimensioni spesso ragguardevoli, talvolta gigantesche e, il sotto, la radice, è pari a quel che si vede sopra. 

Larice a parte le conifere sono dei sempre verdi e questo le rende un po' incantate, simboli di speranza nel momento più buio e freddo dell'anno. Alberi sacri insomma. 

L'abete per i popoli dell'Occidente, è divenuto l' albero per  eccellenza del solstizio invernale. L'albero del Natale. 

O  Tannenbaum (O verde abete) si canta con sentimento in una celebre canzone legata alle feste della luce.

I picea sono longevi, questo era giovincello, nato  negli anni settanta dell'altro secolo. 

A quell'epoca la Lomellina era già più o meno come oggi, inquinamento, agricoltura chimica devastante, degrado, spopolamento, qualcuno però si prendeva qui una seconda casa per andare a funghi in autunno e a pesca. Non deve stupire, non si stava poi male anzi, quando in città si soffocava da queste parti si si dormiva  quasi al fresco. Erano soprattutto quelli delle seconde case a mettere certe piante, forse per disfarsi dell'albero di Natale che nell'urbe era difficile da smaltire.

Molti degli abeti della zona credo siano alberi di Natale che hanno avuto fortuna.. 

Il nostro abete di corte forse aveva una storia del genere. In ogni caso era meraviglioso. 

Meraviglioso per maestosità e per altezza e per ricchezza della chioma. Meraviglioso il  profumo che spandeva nel dopo pioggia,  ti portava altrove. Qualsiasi luogo sia altrove. Meravigliose l'ombra e il sollievo che elargiva, sin dalle prime ore del pomeriggio, nei momenti più torridi dell'estate. 

E, di estati torride, ne abbiamo avute, in questi ultimi anni. Da un pezzo non si dorme più al fresco rispetto alla città. E le seconde case vanno in rovina. 

L'abete era l'anima compassionevole del posto, lo spirito, il genius loci. Ora quest'anima è perduta, non c'è rimedio, e terribile a vedersi  è il paesaggio. Un paesaggio di guerra.

E un'estate ancor più bollente ci aspetta nell'anno che verrà. Non c'è rimedio ripeto, si dovesse anche mettere a dimora un nuovo albero, prima che raggiunga le dimensioni dell'altro, saremo tutti morti e sepolti. per quel che ci riguarda il vecchio è insostituibile. 

Al nostro arrivo gli abeti erano molti, scegliemmo la casa dove abitiamo d'istinto, per il fuoco che ardeva nel camino e per quel folto d'alberi, ci pareva di venire a vivere  al limitare di un bosco segreto. Come in certe fiabe. Poco importava se quell'illusione,  in senso materiale, non appartenesse a noi ma al vicino. Non ci si pensava. la bellezza, in un certo senso, è di tutti. 

Poi venne la ruspa e  sradicò e spianò tutto quanto.. 

Famiglie di ricci fuggivano terrorizzate, salvammo appena in tempo un cucciolo sballottato di mano in mano con  il proposito zuccheroso, e niente realistico, di portarlo  prima o  poi dalla sua mamma. Scoprimmo così che, molto spesso, chi viene dalla città non  ha le idee chiare sui selvatici, sui cuccioli, sulle mamme dei cuccioli e sui boschi.  .

La ruspa lavorò per mesi. 

Alla fine rimasero soltanto una vasca di fango e l'abete. Miracolosamente risparmiato dalla bramosia stereotipa per prati all'inglese, vialetti a record e piscina. Desideri mai realizzati. A proposito di idee poco chiare. 

Noi contemporanei siamo narcisisti, sempre assorbiti dal bisogno di soddisfare ogni impulso subito, non abbiamo la vista troppo lunga e non crediamo alla morte, in particolare alla nostra. Siamo tenacemente convinti che tutto sia rimpiazzabile con qualcosa di migliore, di più desiderabile appunto, distorciamo la realtà e siamo ingordi, vogliamo, vogliamo, e ci sentiamo defraudati quando non otteniamo.

I terreni del cortile sono tutti censiti come zona N1, ovvero terreni di conservazione e consolidamento delle risorse naturali, lo si può leggere in un'esaustiva relazione firmata da esperti e dalle autorità. Il concetto che esce dallo scritto sembra ispirarsi alla Torah, Dio ti dà il creato in custodia, lo devi amare e proteggere  e puoi goderne ma non ti appartiene.

Lettera morta.  

Allora nessuno difese gli alberi. Noi tentammo una segnalazione ma la risposta delle amministrazioni qui è invariabile,. nella proprietà privata ognuno fa quello che vuole.

Chi è d'origine contadina di frequente  nutre nei confronti degli alberi l'atavica diffidenza verso la natura demoniaca, Chi viene da fuori, dalla città, ha per l'appunto le idee poco chiare,  dopo un breve idillio, di solito  li taglia per praticità, per fare il posto macchina, per non doversene occupare.

La vasca di fango ad ogni modo si prese ogni cosa, desideri massificati e felicità familiari

Da quel lontano duemilatredici l'abete, ormai solitario ma sempre generoso e splendido, ha vegliato come ha potuto sulle nostre vite. fatte di  abbandoni e  ritorni, soldi per la spesa che non ci sono, malattie, nuove relazioni, cani segregati in affido Asl, abusi edilizi, sotterramenti di macerie, spazzatura, aggressioni, stupefacenti, bambini che si trasformano in adolescenti,, esibizione di pratiche erotiche a metà tra liberazione sessuale di un tempo che fu e costumi quasi perversi da classi dominanti. feste in odore di rave, e tutta una sfilata non proprio variopinta di disperati Insomma le vite balenghe di oggi, pezzi di qualcosa che non è mai un intero.

Quello dei disperati, insieme a quello dei cani ,e al sempre fiorente spaccio e consumo di droga, è uno dei business più lucrosi.. I disperati come i cani e l'eternit sono davvero una risorsa. Prospera in zona  il mercato degli affitti, ai disgraziati, in  alloggi comprati a due lire dagli speculatori, pratica che ha contribuito, insieme alla totale mancanza di servizi, a far crollare i prezzi degli immobili. Gli squali esultano, molti in compenso non possono andarsene, prigionieri delle loro stesse abitazioni e di una terra  che potrebbe essere da sogno ma è da incubo: cancri oltre ogni statistica, fanghi, illegalità diffusa, connivenza dei potenti e rifiuti Fallimento di territorio. Credo che tecnicamente si chiami così. 


Ad un certo punto, poco prima della pandemia, trovammo il coraggio e l'opportunità di andarcene,  l'abete però la sapeva lunga, immaginava, alla maniera in cui possono immaginare gli abeti,  che prima o poi saremmo tornati e, come nelle vere fiabe, ci lasciò, sulla porta di casa un dono magico. 

Un figlio, minuscolo, germogliato in segreto durante la nostra assenza. Lo ricoverammo dapprima in vaso e poi in terra, nel giardino,. non lo vedremo mai adulto. Né abbiamo certezze per la sorte che gli spetta. 

Ancora non mi rassegno, ancora mi fa male: era una domenica grigia, una domenica di novembre alla maniera di una volta, li vedemmo arrivare con il camion, le motoseghe, i cestelli, gli sghignazzi. Lo sghignazzare sembrava più un esorcismo, un prendere le distanze dal male. Forse un barlume di coscienza. 

Ora la notte gufi e allocchi e civette non ci fanno più compagnia,  e chissà dove sono andati. E' un'altra perdita. 

Alla fine di agosto abbiamo perso anche i due pini marittimi del cimitero,. Superstiti di quattro, i primi due soppressi senza motivo apparente, credo perché unico verde pubblico del Paesello, il verde pubblico richiede manutenzione, dunque spesa da tagliare. Ai sopravvissuti però vennero canagliescamente tagliate le radici, così, con l'arrivo della tromba d'aria, sono crollati a terra. Inermi. Una fine annunciata. E forse auspicata. In cambio il pubblico ha regalato alla cittadinanza una coppia di tuie in vaso, credo sia già la seconda o terza coppia che sostituisce le precedenti, non passano mai l'estate.  

La settimana dopo l'uccisione dell'abete abbiamo celebrato un  rito e comprato un piccolino della sua specie. In memoria del grande che forse è nella terra dei puri di cuore. Per chi ci crede. 

Arrivederci albero dal cuore puro  e buon Natale!  Ci manchi moltissimo!









sabato 24 giugno 2023

Donne di Lomellina. Brigitte Hoffmann




C'è questo palazzo. 

In via Marzotto a Mortara, una traversa di Strada Lomellina: proprio dietro l' agglomerato fatto di discount, esercizi commerciali prevedibili e condominietti, tutti coevi, solita cementificazione sciatta. Un non luogo, potresti essere ovunque. L'appeal di un'autostrada. 

Così la via Marzotto ti sorprende, tranquilla ma vibrante, giardini che sanno già di campagna, non fosse per gli alberi. Tanti, alti, alberi da parco urbano . 

Il palazzo è una costruzione del primo ventennio del 900,  circondata da tigli dalle grandi chiome. Questi stabili erano destinati ai dirigenti della Marzotto.

Lei, Brigitte Hoffmann, vive al piano rialzato di uno di questi palazzi. E'una Sudentendeutsche, quei tedeschi così particolari sparsi tra la Sassonia, la Slesia, la Boemia e la Moravia, accomunati dalla lingua e dalle montagne. 

Brigitte però è diventata italiana per scelta, giurando sulla nostra costituzione.

Non un giuramento tanto per dire. Brigitte crede nei valori della nostra costituzione. Li tutela, li difende,. da qualche tempo è vice presidente dell'Anpi mortarese affiancando il presidente ragazzo, Max Farrell. Un giovane e una donna, un piccolo e poco conosciuto primato di una città che stenti a riconoscere come città. 

Di recente una delle stanze dell'appartamento di Brigitte è divenuta stanza degli ospiti professionale,  è entrata nel circuito dei pellegrini legato alla via Francigena. Chiara, sobria, pareti dalle tinte tenere, non fosse per le foto piene di grazia  e di colore del fratello Gunther che non c'è più e  questa era la sua stanza. 

Nella sala, ora piena di libri  c'era anche il pianoforte di Gunther, è stato  regalato alla scuola di musica di un paese vicino. 

La casa è cambiata ma i ricordi rimangono. Belli e brutti, quelli che non puoi cancellare. Non è stata  un'infanzia facile quella di Brigitte e di Gunther

In anni in cui gli italiani andavano in Germania, a cercare lavoro e fortuna, la sua famiglia compie una migrazione in senso opposto. Dalla Mitteleuropa  scende nel belpaese, è soprattutto il padre a cercare un'occasione che in patria non avrebbe potuto avere, un uomo dalla figura  affascinante ma controversa, molto controversa. 

Per i ragazzi Italia inizialmente significa posti diversi, incertezze, Inevitabile sballottamento. 

La Brigitte adolescente si ritrova poi  a lottare con lo stereotipo della tedeschina facile, nel 1967 esce " Helga",  pellicola che, in materia di rivoluzione sessuale, ha fatto epoca. Tedeschi sia il film sia la protagonista.  

Erano poi i tempi delle vacanze a Rimini, una Rimini favolosa  popolata di  bionde straniere dai liberissimi costumi che si contrapponevano a quelli della brava ragazza nostrana, quella che il maschio italico, dopo debita educazione sentimentale, avrebbe sposato con tutti i crismi. 

La tedesca facile, quella che salta di letto in letto, è uno di quei  cliché striscianti che qualcuno ancora si porta dietro, persino certi pellegrini che sembrano usciti dalle canzoni goliardiche sul tema. 

Brigitte non è certo una che si spaventi ma ne soffre. Lo si capisce.

Sui davanzali delle su finestre ci sono vasi di menta. Servono a tener lontane le zanzare e a preparare la bevanda della casa, acqua con un rametto di menta. Delizioso, dissetante e rimineralizzante.

Acqua e menta da bere ma anche vini, lei li conosce e li sceglie con gusto squisito. Insieme al goulash ungherese ci serve un rosso del Monferrato  delizioso.. Tra i suoi prossimi progetti c'è l'offrire ai pellegrini dei pasti, sta dandosi da fare per tutte le certificazioni necessarie, in questo è precisa. Teutonica direbbe qualcuno. 

Per quel che riguarda il cucinare non ha  o non avrebbe, legislazioni permettendo, bisogno di certficazioni o corsi, lo fa benissimo.

Mentre pasteggiamo e  brindiamo la nostra lomellina d'adozione ci rivela di essere stata persino  organizzatrice di spettacoli teatrali. Per un gruppo storico dell'avanguardia italiana, il Teatro Kismet di Bari, 

Kismet significa fato, destino. 

Una strana commozione mi pervade mentre racconta , capisco che in realtà le nostre vite si sono già incrociate, o quasi, un secolo fa eravamo entrambe, senza che sapessimo l'una dell'altra, a Santarcangelo di Romagna, forse il più vecchio tra i festival di teatro alternativo. 

Era la mia prima volta, non avevo mai vissuto un'esperienza simile. Dormivo in una scuola con il sacco a pelo, e assistevo a tre o quattro spettacoli al giorno. quello che non ho mai dimenticato per il suo  incanto, così notturno, è la piece  "La Principessa Brambilla" del Teatro Kismet, tratta da uno dei celebri racconti di Ernst T. A. Hoffmann, straordinario autore  romantico, genere fantastico. Stesso cognome della protagonista di questa storia ma non sono parenti.

Una chiusa di serata quasi magica. 

Quando usciamo Mortara è avvolta da un alone di mistero e di bellezza che non avevo mai colto.

A volte sono gli occhi dello straniero, in questo caso non più straniero,  a regalarci nuovi punti di vista. Nuova meraviglia. Là dove credevamo non ce ne potesse essere. 


Pagina Facebook






Ernst Theodor Amadeus Hoffmann

Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, nato Ernst Theodor Wilhelm Hoffmann, noto anche con lo pseudonimo di E. T. A. Hoffmann (Königsberg, 24 gennaio 1776 – Berlino, 25 giugno 1822), è stato uno scrittore, compositore, pittore e giurista tedesco, esponente del Romanticismo.
Teatro Kismet 
Nasce a Bari nel 1981 come compagnia teatrale ragazzi per iniziativa di giovani attori provenienti da una scuola universitaria di formazione all’attore diretta da Carlo Formigoni; seguendo poi il suo “felice destino” – kismet in sanscrito – viene riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Teatro Stabile d’ Innovazione.

Nel 1989 inaugura la sua casa teatrale scegliendo, volutamente un ex capannone industriale, luogo preposto a valorizzare un’idea di teatro come officina artistica, fucina di idee, luogo d’incontro, centro di cultura e di dialogo permanenti.

Negli anni l’Opificio per le Arti Kismet OperA configura sempre più la sua attività attraverso differenti percorsi produttivi e si fa polo di attrazione di artisti italiani e stranieri, diventando modello di mediazione tra il teatro e le altre forme di creazione quali la scrittura, la pittura, il video, la fotografia, la musica.

Un teatro sempre aperto, che alla produzione di spettacoli e all’ospitalità di altre compagnie teatrali, unisce proposte di formazione, incontri e laboratori per le scuole, percorsi di ricerca drammaturgica, rassegne musicali, attività volte al dialogo e al confronto sui temi fondanti della cultura e, in sostanza, della socialità stessa.

Un teatro sì fatto ha dunque necessariamente bisogno, al suo interno, di uno spazio “altro”, un luogo neutro capace di accogliere l’eterogeneità dell’ospite, un luogo in cui poter collocare liberamente l’emozione dell’arte. Ed è una grande sala con bar, un foyer arioso e brillante, giallo come il sole, lo spazio preposto a far sì che tutto ciò possa accadere, che ci sia un “prima” e un “dopo” lo spettacolo, una continua contaminazione di forme artistiche e di linguaggi, un’occasione per trascorrere l’intera serata in compagnia delle maestranze e degli attori padroni di casa

lunedì 1 maggio 2023

Primo maggio

 

E' arrivato !Finalmente è arrivato. Il "caro maggio con le canzoni e i fior". Oggi piove a dirotto ma maggio è maggio e il giardino è pieno di rose sul punto di sbocciare. 

Primo maggio. Una festa importante. Da sempre!

Calende di Maggio. Nell’antica Roma si omaggiavano i Lari, gli antenati, e si sacrificava una scrofa gravida alla dea  Maia, una delle tante personificazione della forza generatrice.

Calendimaggio, o Cantar maggio. La festa riprende quella del calendario romano, Tema tipico è l'Albero della Cuccagna.

La notte di Valpurga, in tedesco Walpurgisnacht, in svedese Valborg, è una celebrazione pagana dell'Europa centro-settentrionale, praticata soprattutto dai popoli germanici, Soliti canti, balli tradizionali e fuochi. Il nome deriva da Valpurga di Heidenheim, una monaca bavarese dell'VIII secolo canonizzata e venerata dalla Chiesa Cattolica. 

Nel "Faust" di Goethe troviamo una descrizione possente e stregonesca, molto Sturm und Drang, della notte di Valpurga. 

Sulla falsariga troviamo anche le composizioni tematiche di Felix Mendelssohn e di Johnnes Brahms.

Beltane è soprattutto gaelica. Nell'Italia antica è possibile che i celto liguri onorassero questa festività. 

La cerimonia consisteva, probabilmente, nell'accensione  di falò da parte dei druidi sulle cime dei colli, il bestiame del villaggio poi veniva costretto a passarvi attraverso, era un rito di purificazione e di buon augurio. sembra che anche gli umani, con il medesimo intento, si cimentassero nell' impresa.  Per loro libera scelta però.

Una celebrazione di Beltane si tiene ancor oggi la notte del 30 aprile a Calton Hill, presso Edimburgo. Forse lo spirito è puramente turistico e speculativo, un po' come le tante feste gitane di Saint Marie de la Maire.

 

1°maggio. Festa dei Lavoratori. Una lunga storia.

Il 1º maggio 1886, è il 19º anniversario dell'entrata in vigore della legge, varata nel solo Illinois, sulle otto ore lavorative, la Federation of Organized Trades and Labour Unions decide di fissare la data come scadenza limite perché questa legge sia estesa all’intera America. Con il proposito di rendere più efficace l’ultimatum viene dichiarato lo sciopero generale ad oltranza.

Anche Chicago partecipa allo sciopero, in particolare la fabbrica di mietitrici McCormick.

La polizia, chiamata a reprimere l'assembramento, spara sui manifestanti, uccidendone due e ferendone molti altri. 

Per protestare contro la brutalità delle forze dell'ordine, gli anarchici locali organizzano una manifestazione a Haymarket Square, la piazza che normalmente ospita il mercato delle macchine agricole. Il 4 maggio qualcuno lancia una bomba che provoca la morte di sei poliziotti e il ferimento di una cinquantina. La polizia risponde sparando sui convenuti. Non si sa, né mai si saprà probabilmente, il numero delle vittime e chi sia stato a lanciare la bomba. 

E’ il primo attentato alla dinamite nella storia degli Stati Uniti. 

Si procede comunque all'arresto di alcuni esponenti di spicco dell'ambiente anarchico: August Spies, Michael Schwab, Samuel Fielden, Albert R. Parsons, Adolph Fischer, George Engel e Louis Lingg, Il 20 agosto 1887 vengono condannati alla pena capitale. In seguito a pressioni internazionali, due delle sentenze sono commutate in ergastoli. Molte le reazioni di protesta. In America e in altri paesi.

In Germania il cancelliere Otto von Bismarck proibisce tutte le manifestazioni in favore degli accusati di Haymarket.

L'11 novembre 1887, a Chicago, i condannati vengono impiccati. 

In Italia, appena la notizia dell’esecuzione si diffonde, il popolo livornese si rivolta, prima contro le navi statunitensi ancorate nel porto poi contro la Questura della stessa città, dove si dice sia rifugiato il console degli Stati Uniti.

Questi, in breve, i fatti che portano all' istituzione della Festa dei lavoratori. In Europa la ricorrenza sarà ufficializzata nel 1889,dai legati socialisti della Seconda Internazionale, tenuta a Parigi, in Italia soltanto due anni dopo. 

Ci vorranno invece decenni di battaglie operaie e lotte sindacali perché le otto ore lavorative siano dichiarate legali, paradossalmente con il Regio decreto legge n. 692 del 1923, sotto il Governo Mussolini. 

Durante il ventennio fascista, a partire dal 1924, la celebrazione è fissata al 21 aprile, in coincidenza con il Natale di Roma.  

Cronaca nerissima dell’altro secolo, il primo maggio del 1947 ovvero la Strage di Portella della Ginestra: il famoso bandito Salvatore Giuliano spara su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, uccidendone quattordici e colpendone una cinquantina. Molte le speculazioni e le ipotesi. Uno dei tanti enigmi della storia. 

Buon primo maggio comunque!